sabato 22 marzo 2008

Un dato certo.

Un dato è certo: la crisi del sistema elettivo rappresentativo italiano - denunciata dal prof. Miglio nelle aule dell’Università Cattolica di Milano, già alla fine degli anni settanta - è all’ultimo atto.
Sulla scena si recita il requiem all’ideologia.
I vessilli sbandierati per decenni dai partiti della nostra classe politica non trovano più nessuno minimamente disposto a sorreggerli.
L’ideologia, alla fine, ha gettato la maschera, rivelandosi, quale essa è: falsa.
Non si tratta di un giudizio moralistico, ma di un’evidenza denunciata dai fatti e già insita nella genesi stessa dell’ideologia, come pretesa di fornire una chiave interpretativa della realtà “per sempre”.
Ciò non toglie che, in primis, sia potuta scaturire da una lucida analisi di un momento storico, ma la sua affermazione come soluzione ultima alle attese della società - fossilizzandosi nell’utopia - ne ha compromesso inevitabilmente la sopravvivenza.
Con il trascorrere del tempo, si è via via scollata dalla realtà, di cui ha ignorato il dinamismo, risultando falsa già un attimo dopo la sua enunciazione.
A fronte di questo quadro – a dir poco – desolante, si avverte l’urgenza di un cambiamento, che non investe tanto questo o quel partito, ma il modo stesso di fare e di intendere la politica.
E’ l’esigenza di restituirle dignità nell’alveo della sua vocazione originaria: non mero esercizio del potere per il potere, governata da leggi proprie spesso ostili al cittadino, ma gestione del potere al servizio della polis, della comunità sociale in continuo divenire e, comunque, ancorata ad alcuni fondamentali, irrinunciabili diritti.
Politica come costante apertura al reale, capacità di ascolto, di cogliere le istanze della società e le relative dinamiche: solo adesione alla realtà e fedeltà a questo atteggiamento, per preservarci dall’inganno.

giovedì 20 marzo 2008

Un breve intervento...

Storia di una esperienza

Voglio raccontare brevemente la storia stupefacente di una esperienza che definirei singolare.
Singolare perche’ nasce coinvolgendo 10 persone che prima di un certo momento non si conoscevano fra loro, che da tempo sentivano l’esigenza di dover fare qualcosa in prima persona per tutti e che da un certo momento hanno trovato il modo per tentare di realizzare quanto stava loro a cuore.
Questa puo’ essere definita la storia di un incontro.
Un professore, un bancario, un giornalista, un avvocato, una casalinga, un laureato, un pensionato…tutte persone con storie diverse ma che, una volta scoperto che anche altre persone – loro vicine – nutrivano i medesimi obiettivi ed una volta scoperto che “probabilmente” si poteva fare hanno detto: possimo farlo.
essenzialmente condividendo la rete di conoscenze ed amicizie che ciascuno ha.
Dichiarando pubblicamente la propria appartenenza.
Mettendo a disposizione anche quel poco di tempo libero per la realizzazione di progetti realisticamente alla portata.
Ma perche’ abbiamo costutito un circolo?
"Il nostro circolo vuol essere maturazione di una riflessione su “un sintomo che qualche cosa in questa direzione (nel senso della presenza manifesta sul territorio) si muove, specie tra i giovani e tra quei politici che concepiscono la politica non in modo statico, come “patriottismo di partito” o difesa a oltranza di tutte le proprie prese di posizione passate, ma dinamicamente, come una continua acquisizione di nuovi elementi, come un continuo progresso nella conoscenza della realtà presente e passata. Infatti, più e prima la politica acquista consapevolezza storica, più e prima si adegua alla nuova realtà e può incidere veramente su di essa” (cit. Renzo De Felice)".
I primi passi:
"Il Circolo della Libertà “Giovanni Carnovali” è nato il 5 febbraio 2007 dalla voglia di dieci cittadini di rendersi espressione, sul territorio, delle istanze cattoliche e liberali proprie della maggioranza (finora) troppo silenziosa.
Potevamo iscriverci ad uno dei circoli già esistenti a Bergamo per sostenerne gli obiettivi e le iniziative, ma sapevamo di volere molto di più: volevamo essere protagonisti, essere espressione della vocazione cattolica, liberale e riformista dei nostri quartieri, una vocazione apparentemente minoritaria (come solo apparentemente lo è in tutto il paese), ma – ne eravamo e ne siamo sicuri – solo perché non aveva ancora trovato punti di riferimento culturali saldi e visibili.
Ecco, per noi fondare il proprio circolo ha voluto dire impegnarsi per essere protagonisti, per ridare slancio e vigore a quegli ideali che sopra ho già richiamato, per non cadere nella retorica dell’antipolitica più triste, per “fare politica” nel senso più genuino del termine, per essere al servizio dei cittadini quali noi tutti siamo nel rispetto di valori condivisi."
E allora?
Alcuni di noi avevano (e tutt’ora continuano ad avere) un ruolo in un Partito.
Tutti noi ci riconosciamo nel PDL (Popolo della Liberta’ sottolineo, non Partito della Liberta’). Abbiamo quindi solo deciso di portare quanto vi sta’ dentro alla gente e vicino alla gente, tramite le nostre facce e sotto le loro case, nei nostri quartieri (non solo in centro o nei salotti buoni). Perche’, secondo noi, e’ dove il problema sorge che il problema deve essere affrontato, eliminando – anche fisicamente – la distanza fra chi “fa politica” e chi avverte l’esistenza di un problema che la politica deve affrontare e tentare di risolvere.
Lo strumento del circolo ci ha permesso quidi di:
- coagulare esperienze diverse
- costruire una rete se volete periferica d’intervento pratico e di radicamento territoriale
- realizzare alcuni interventi che stanno andando a maturazione.
Lo strumento del circolo ci sta’ quindi permettendo di concretizzare gli obiettivi.
Lo vediamo dalla disponibilita’ della gente alle varie occasioni d’incontro (non da ultimi i gazebo organizzati dalla fine 2007 - importantissimi) e lo vedremo ancor di piu’ (ormai ne ho la certezza) in occasione dei prossimi appuntamenti per le elezioni amministrative, siano esse regionali o comunali.
La gente (e questo e’ stato come scoprire l’acqua calda) vuole contare di piu’, solo aspetta di sapere il come farlo.
E la presenza e’ assolutamemte indispensabile per concretizzare una testimonianza.
Le nostre facce sono un testimonianza.
Il polso della situazione me lo da l’entusiasmo (non so come definire diversamente quel moto d’animo che ho percepito anche a 3 gradi sotto lo zero a meta’ novembre 2007 con i primi gazebo…) che la gente ci dava. A noi stava solo il compito di leggere questo messaggio (peraltro ben chiaro) e tradurlo in opera.
Io, noi, non pretendiamo certamente d’avere la verita’ in tasca, ma abbiamo raggiunto una certezza: il campo e’ grande ma per raggiungere lo scopo c’e’ bisogno di tutti, di ciascuno di noi, anche per quel poco che ciascuno puo’ dare e per il come ciscuno puo’.